Stare seduti in silenzio per 60 minuti sul freddo terreno di una foresta ugandese potrebbe essere uno dei più grandi privilegi e una delle emozioni che difficilmente potranno essere dimenticate nella vita. Esistono poco più di 1.000 gorilla di montagna e il trekking alla ricerca di questi primati offre una rara opportunità di osservare le interazioni quotidiane di questi animali docili, gentili e misteriosi.
- I gorilla di montagna
- Il loro habitat naturale
- Il trekking
- Quando andare
- Da marzo a metà maggio
- Da metà maggio a metà ottobre
- Da metà ottobre a novembre
- Da dicembre a febbraio
- Alcune considerazioni finali
I gorilla di montagna
Il gorilla è il più grande primate vivente e appartiene alla famiglia delle scimmie antropomorfe, ovvero quelle più vicine all’uomo da un punto di vista evolutivo, dopo lo scimpanzé e il bonobo. Sono animali massicci con petto e spalle ampi, grandi mani, avambracci molto più corti della parte superiore del braccio. La faccia è nera e senza peli, con occhi piccoli e vicini tra loro e grandi narici prominenti.
Le uniche due specie di gorilla vivono entrambe in Africa e si dividono in gorilla occidentale e gorilla orientale. Il gorilla occidentale è diviso a sua volta in due sottospecie: il gorilla di pianura, con un numero di esemplari maggiore, il quale vive in Angola, Camerun, Repubblica Centro-africana, Congo, Repubblica Democratica Del Congo, Guinea Equatoriale e Gabon e il gorilla del Cross River, minoritario rispetto al precedente come numero di esemplari, il quale vive al confine tra Camerun e Nigeria. Il gorilla orientale invece vive nella Repubblica Democratica Del Congo, Rwanda e Uganda, ed è, a sua volta, suddiviso in due sottospecie, il gorilla di montagna con poco più di 1000 esemplari e il gorilla di pianura.
Il gorilla di montagna è un animale altamente sociale che vive in gruppi che possono avere dai 5 ai 50 individui e che possiedono un preciso ordine gerarchico con a capo un maschio silverback dominante, così chiamato per la caratteristica colorazione argentea del pelo del dorso.
Si distingue dagli altri gorilla per il pelo più lungo e più scuro, che sulla schiena dei maschi adulti assume il caratteristico colore grigio argenteo. I maschi possono arrivare a pesare tra 140 e 180 kg, mentre le femmine, di norma, arrivano a pesare tra 70 e 110 kg.
Sono considerati animali diurni e terrestri; anche se sono in grado di arrampicarsi sugli alberi, sono i primati meglio adattati alla vita al suolo. Si muovono essenzialmente sulle quattro zampe, ma possono anche percorrere brevi tratti in posizione eretta su due zampe, esattamente come gli uomini.
I gorilla sono prevalentemente vegetariani e dedicano circa il 30% del giorno ad alimentarsi, di steli, germogli di bambù e frutta, oltre che di cortecce. Un altro 30% del tempo lo trascorrono muovendosi o mangiando mentre si spostano e un 40% lo trascorrono riposando. Un maschio adulto può arrivare a mangiare in un giorno anche oltre 30 kg di cibo vegetale mentre una femmina può consumare circa la metà.
Il loro habitat naturale
Nel 1981, gli ambientalisti stimavano che nel mondo fossero rimasti solo 254 gorilla di montagna, ma la piccola popolazione sta aumentando lentamente grazie agli intensi sforzi internazionali di conservazione. Dal momento che queste creature in pericolo di estinzione non possono sopravvivere in cattività, l’unico modo per vederle è fare trekking fino al loro habitat naturale: nebbiose foreste pluviali che possono raggiungere un’altitudine di oltre 4.000 metri.
I gorilla di montagna, infatti, vivono solo nella fitta vegetazione del Parco nazionale della foresta impenetrabile di Bwindi in Uganda e lungo la catena montuosa vulcanica dormiente di Virunga che si estende attraverso il Parco nazionale dei vulcani del Ruanda, il Parco nazionale di Mgahinga in Uganda e il Parco nazionale di Virunga nella Repubblica Democratica del Congo.
Il Parco nazionale della foresta impenetrabile di Bwindi (chiamato anche “Il luogo dell’oscurità” per le sue fitte cime degli alberi) è un’antica foresta che si estende per circa 330 chilometri quadrati. La regione è stata nominata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO dal 1994 grazie alla sua incredibile biodiversità e al gran numero di specie in via di estinzione che la abitano. Viene definita “foresta impenetrabile” per il fatto che gran parte del territorio è raggiungibile con difficoltà e soltanto a piedi.
Il Mgahinga Gorilla National Park è il più piccolo dei parchi ugandesi in quanto si estende per “soli” 33 chilometri quadrati ma è molto interessante poichè comprende tre delle otto principali vette del paese: il monte Gahinga, il monte Muhabura e il monte Sabyinyo. Confina con il parco nazionale dei vulcani, in Ruanda, e con il parco nazionale dei Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo, formando un unico grande parco a cavallo tra le tre nazioni.
I gorilla non badano ai confini politici nei loro spostamenti alla ricerca del cibo, quindi le popolazioni attraverso i Virunga sono relativamente fluide. L’Uganda tuttavia, ha un vantaggio rispetto agli stati vicini dato dal fatto che il solo Bwindi ospita la metà dei gorilla di montagna del mondo.
Il trekking
Circa la metà dei gorilla di montagna si trova nel Bwindi, dove gli animali sono distribuiti in circa 36 famiglie o gruppi, 11 delle quali sono state progressivamente abituate alla presenza di ranger e visitatori. Il numero di permessi concessi ogni giorno per la visita è limitato per due motivi: evitare il rischio di trasmettere infezioni virali o batteriche ai gorilla e contenere l’eventuale disturbo arrecato alle attività quotidiane degli animali stessi. Ricordiamo che in Uganda, il costo del permesso è di 600 dollari mentre i permessi nel vicino Ruanda ora costano 1.500 dollari. Inoltre devono essere rispettate delle regole rigide, presentate dai ranger durante un briefing prima del trekking, per ridurre al minimo il rischio di trasmissione di malattie ai gorilla.
Come spiegano le guide, i gorilla di montagna si spostano entro un raggio di circa un chilometro ogni giorno e questo permette ai ranger di individuare l’area in cui gli animali si troveranno all’alba conoscendo la loro ultima posizione della sera precedente.
Ogni gruppo di visitatori segue una famiglia o un gruppo preciso. La vegetazione è talmente fitta che per procedere è necessario aprirsi varchi e arrampicarsi su cumuli di piante. Non ci sono sentieri, cartelli, indicazioni e il più delle volte non ci sono radure (ecco perché i ranger del parco portano i machete). Una volta individuati i gorilla, tutti gli sforzi effettuati per arrivare di fronte a questi animali sembrano come essere svaniti, tanta è l’emozione che si prova nel vederli all’improvviso in mezzo alla vegetazione.
Dal momento del loro avvistamento, bisogna seguire le regole che i ranger hanno spiegato al momento del briefing: si deve mantenere una distanza di alcuni metri per proteggere i gorilla dalla possibilità di contrarre malattie portate dai visitatori (non bisogna dimenticare che i gorilla condividono circa il 98 per cento del loro dna con gli esseri umani, con la disgraziata conseguenza che sono molto vulnerabili al contagio delle nostre malattie. Anche un semplice raffreddore, infatti, può avere effetti devastanti su questi animali).
Durante l’osservazione, il gruppo dei visitatori deve rimanere unito e bisogna mantenere un tono di voce basso così come si farebbe in vicinanza di qualsiasi altro animale selvatico. Allo stesso modo, non si può né mangiare né bere durante l’osservazione, né tantomeno è permesso lasciare rifiuti di ogni genere all’interno del parco.
Naturalmente può capitare di seguire questi animali durante l’osservazione ma ci si deve sempre muovere lentamente ed evitare movimenti bruschi. A volte capita che i gorilla si avvicinino per curiosità a chi osserva strusciandosi sulle gambe oppure annusando ma in questo caso, anche se sono loro ad avvicinarsi, è rigorosamente vietato toccarli o accarezzarli.
Raramente può accadere che un maschio o il silver back possano dirigersi minacciosamente verso il gruppo o addirittura caricare; anche in questo caso bisogna seguire sempre le indicazioni dei ranger mantenendo la calma, ovvero accovacciarsi lentamente evitando movimenti bruschi, evitare di guardare negli occhi il gorilla e soprattutto non scappare, in quanto questo atteggiamento aumenta la possibilità di essere attaccati.
Tenute a mente queste semplici regole di comportamento, li si segue nei loro spostamenti, a debita distanza, oltre che nelle loro attività quotidiane: è normale, infatti, vederli nutrirsi di foglie, frutti e corteccia, ma anche pulirsi a vicenda. Incrociare i loro sguardi e osservarli sicuri e pacifici nel loro territorio, vedere cuccioli che rotolano nell’erba oppure si dondolano sulle liane scatena sentimenti molto profondi. Ci si rende conto che siamo ospiti a cui è stato concesso di assaporare un intenso, anche se fugace, attimo della loro vita.
Quando andare
In Uganda la temperatura è abbastanza stabile e sono rari sia il gran caldo che il gran freddo per cui i periodi migliori per visitare il paese, ed effettuare il trekking, sono determinati dalle piogge. Tenendo in considerazione questo tipo di clima, possiamo dire che il momento migliore per seguire i gorilla è la stagione secca, all’incirca da dicembre a marzo e da metà maggio a metà ottobre.
Da marzo a metà maggio
La prima delle stagioni delle piogge meridionali, coloro che desiderano fare trekking per vedere i gorilla di montagna nella foresta impenetrabile di Bwindi o nel Parco nazionale di Mgahinga potrebbero voler evitare questo periodo. Il trekking con i gorilla non è impossibile in questo momento, tuttavia in questi mesi le giornate sono generalmente più piovose e le condizioni del trekking sono un po’ più difficili.
Da metà maggio a metà ottobre
Questa è la stagione secca più lunga con condizioni ideali per il monitoraggio dei gorilla nei parchi meridionali e per visitare l’Uganda in generale, quindi consigliamo di effettuare il viaggio in questo periodo. Poiché i gorilla risiedono nella foresta pluviale, consigliamo comunque di indossare indumenti impermeabili anche durante questi mesi più secchi. Questa è l’alta stagione, pertanto si potrebbe avere un maggiore afflusso di turisti e quindi, minori disponibilità di posti pertanto consigliamo anche di prenotare con largo anticipo per poter essere sicuri di ottenere il permesso senza problemi.
Da metà ottobre a novembre
Un breve periodo di piogge, il trekking con i gorilla potrebbe essere di nuovo leggermente più difficile durante questi mesi proprio a causa delle condizioni atmosferiche. Questi mesi possono anche essere ottimi per il birdwatching, poiché alberi e piante stanno fiorendo e le condizioni fotografiche sono eccellenti, con brevi piogge che danno origine a cieli azzurri che creano delle immagini fantastiche e nitide.
Da dicembre a febbraio
Un altro periodo di punta per viaggiare, questo breve periodo di siccità è buono anche per gli avvistamenti degli altri animali selvatici.
Alcune considerazioni finali
Quando si parla dei gorilla di montagna e del loro habitat naturale nei territori all’interno dell’Uganda, Ruanda e Congo, non si può fare a meno di citare Dian Fossey, la famosa zoologa statunitense.
Dedicò gran parte della sua vita all’osservazione e allo studio dei gorilla e la sua attività fu svolta prevalentemente sulle montagne e nelle foreste del Ruanda. Fu brutalmente assassinata la sera del 26 dicembre 1985 nella sua capanna. L’assassino resta tuttora ignoto, tuttavia è oramai opinione largamente diffusa che, a uccidere Dian Fossey sarebbero stati i bracconieri, poiché ella rappresentava una minaccia sia per il bracconaggio che per la caccia illegale ai gorilla, dati i suoi numerosi interventi in difesa dei primati.
La sua esperienza quasi ventennale tra le foreste ai piedi dei monti Virunga ha consegnato alla storia della scienza il più lungo e dettagliato studio sul gorilla di montagna, una specie a grave rischio di estinzione. Rischio dovuto anche ai conflitti tra le popolazioni di queste zone a cavallo tra Congo, Uganda e Ruanda, territorio naturale di questi animali. L’esperienza di Dian Fossey si è tradotta anche nel famoso libro “Gorilla nella nebbia”, un approfondito, appassionato ma al tempo stesso rigoroso testo scientifico sui gorilla, da cui è stato liberamente tratto anche un film di grande successo.
Il bracconaggio è sicuramente uno degli aspetti che negli ultimi decenni in Africa ha più contribuito al drammatico declino nella popolazione di gorilla, in particolare a causa del commercio della carne di animali selvatici, che oggi avviene ancora e rappresenta la più grave minaccia. La carne di gorilla, di scimpanzé, di antilope e di molti altri animali è infatti un cibo ricercato nei mercati clandestini di molti Paesi, e viene venduta a prezzi altissimi. A questo si aggiunge la deforestazione e la perdita degli habitat dovuta allo sfruttamento forestale, sia legale che illegale, e allo sfruttamento del sottosuolo con l’apertura di nuove miniere per l’estrazione di materie prime, delle quali queste zone dell’Africa sono particolarmente ricche.
Fortunatamente, dopo il grido di allarme della Fossey, le iniziative tese a proteggere questi animali dal rischio estinzione sono aumentate e oggi il loro obiettivo primario è di contribuire alla salvaguardia dei gorilla e del loro habitat naturale.
Anche il nostro settore, il turismo, si è evoluto verso una forma decisamente più eco sostenibile. Il numero di persone che vanno ad osservare i gorilla in natura è aumentato negli ultimi vent’anni, ma questo non è stato un male poiché ha aiutato a trasformare le attitudini dei governi locali, spingendoli ad un maggiore impegno per la conservazione e per lo sviluppo di politiche per la salvaguardia degli animali. Le comunità locali hanno iniziato a collaborare con le riserve naturali protette e, quindi, vivere in prossimità dei gorilla senza entrarvi in conflitto. Queste riserve hanno creato opportunità di lavoro, riducendo la disoccupazione all’interno delle comunità locali, ed hanno attivato politiche di conservazione grazie ad incentivi economici. Molti bracconieri si sono convertiti in ranger; grazie alla loro conoscenza della foresta non è raro vederli accompagnare i turisti nei luoghi dove una volta cacciavano essi stessi i gorilla.
C’è sicuramente ancora molto da fare, ma siamo sicuri che la strada già intrapresa negli ultimi decenni stia andando nella giusta direzione e il lento ma costante aumento di questi animali ne è sicuramente la testimonianza migliore.