Delegati etiopi e del Tigray hanno firmato la fine delle ostilità dopo due anni di conflitto.
Il governo dell’Etiopia e il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) hanno firmato un accordo di pace, a due anni dallo scoppio della guerra. Alla fine di ottobre le due delegazioni si trovavano riunite a Pretoria, in Sud Africa, per provare a mettere fine a un conflitto che tra conseguenze dirette e indirette ha causato qualcosa come 500mila morti.
Non c’erano grandi aspettative dai colloqui, invece nella giornata del 2 novembre le due parti hanno raggiunto un accordo di pace che l’Onu stessa ha definito “un primo passo fondamentale per la cessazione del conflitto”.
I negoziati di pace in Sud Africa
In due anni di guerra in Tigray sono morte, secondo dati ufficiosi, almeno 500mila persone, gli sfollati sono nell’ordine dei milioni e oltre cinque milioni di persone necessitano di aiuti alimentari, in un conflitto che si è presto trasformato in emergenza umanitaria, oltre che essere teatro, in diversi casi, da ambo le parti, di crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
Nella scorsa primavera era stato raggiunto un cessate il fuoco ma a partire dall’estate sono ripresi gli scontri, con pesanti bombardamenti da parte delle autorità etiopi che hanno colpito anche scuole e strutture sanitarie. Sembrava che il contesto fosse molto poco propenso al raggiungimento di un accordo di pace, tanto che aveva già stupito il fatto che delegati del governo etiope e rappresentanti del Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) avessero accettato di incontrarsi in Sudafrica, in quelli che sono stati i primi colloqui ufficiali dall’inizio del conflitto.
A mediare, viste anche le ripercussioni regionali di un conflitto di tale portata, è stata l’Unione africana, così come un trittico di persone composto dall’ex vicepresidente sudafricano Phumzile Mlambo-Ngcukam, dall’ex presidente del Kenya Uhuru Kenyatta e dall’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo. E alla fine l’accordo è stato raggiunto.
La fine delle ostilità in Tigray
Getachew Reda, tra le più importanti autorità del Fronte di liberazione popolare del Tigray, e Redwan Hussien, braccio destro del presidente etiope Abiy Ahmed Ali, si sono stretti la mano a Pretoria e hanno firmato un documento di pace definito storico.
Nel testo si parla di disarmo, di cessazione delle ostilità e fine delle propaganda, di accesso agli aiuti umanitari nel territorio del Tigray, di ricostruzione da parte di Addis Abeba delle infrastrutture danneggiate nella regione, di rinuncia del Tplf all’indipendenza del Tigray e di reintegrazione del governo autonomo regionale in quello centrale etiope. L’accordo è stato definito dal rappresentante dell’Unione africana, Olusegun Obasanjo, “un inizio del processo di pace e non la pace stessa”. In effetti mancano dettagli su come il piano di pace sarà attuato e su chi vigilerà sul suo rispetto, dunque le prossime settimane sul campo saranno decisive per capire le reali intenzioni di porre fine alla guerra.
Tuttavia, dopo un blocco totale in corso da agosto, il 15 novembre la prima consegna di aiuti internazionali ha raggiunto la capitale del Tigray Macallè con due camion medici del Comitato internazionale della Croce Rossa, seguita, il giorno dopo da un convoglio di 15 camion del Programma alimentare mondiale.
Allo stesso tempo, nel processo di attuazione dell’accordo, si è anche decisa la formazione, entro il 22 novembre, di una squadra speciale con il compito di monitorare possibili violazioni. Il gruppo includerà rappresentanti del governo di Addis Abeba, del Tplf, dell’Unione Africana e del blocco regionale dell’Igad (Autorità intergovernativa di sviluppo).
Sicuramente, la situazione attuale è ancora delicata e, sotto diversi punti di vista, molto fragile, visti gli episodi che hanno contraddistinto gli ultimi due anni di conflitto, ma l’inizio del processo di pace con la firma degli accordi del 2 novembre e l’invio degli aiuti internazionali alla popolazione stremata sono decisamente un vero passo in avanti verso la pace.